Il divieto di pubblicità per tutti i giochi con vincita in denaro formulato all’interno del Decreto Dignità non è affatto convincente: piuttosto lo definirei inutile e dannoso.
Non perché favorisca il gioco illegale come ritengono alcuni operatori del settore.
Le più grandi reti di agenzie di gioco sul territorio hanno già regolarizzato la propria posizione e l’esistenza di sanzioni penali per chi pubblicizza operatori senza licenza sommato all’oscuramento dei loro siti internet, rendono quasi impossibile il rifiorire di “.com” al di fuori del circuito AAMS.
Sinceramente l’argomentazione in base alla quale la norma rinvigorisca il sommerso è molto debole e non condivisibile.
Le ragioni della sua insensatezza sono altre.
Prima di tutto non si affronta minimamente la problematica che si prefigge di risolvere.Per chi soffre di dipendenza da gioco, la tentazione sta nella tabaccheria sotto casa tappezzata di gratta e vinci, nella sala VLT del centro commerciale in cui va a fare la spesa, nelle slot del bar dove prende il caffè.
Qui la forza del messaggio sta nell’integrazione e nella mimetizzazione all’interno del tessuto sociale e delle consuete azioni della vita di ogni giorno in cui Il passaggio dallo svago alla giocata problematica è potenzialmente immediato, anonimo, senza alcun filtro, senza alcun tipo di limitazione. E’ la prossimità e non la pubblicità, strumento di promozione quasi mai utilizzato dagli esercenti sul territorio, il problema da affrontare.
Lo stesso video sensazionalistico con lo sfogo di un giocatore problematico, ripreso da Il Fatto il giorno dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, evidenzia una problematica legata alle VLT, alle slot.
Quello che si prestava ad essere uno spot per avallare la necessità di un provvedimento di urgenza nel settore, era in realtà la prova della sua totale inefficacia. Il paradosso infatti sta nel fatto che il segmento maggiormente penalizzato dal decreto Dignità sarà l’online; proprio quello con maggiori tutele per il consumatore finale, dove si accede dietro registrazione fornendo i propri dati personali, in cui si paga con strumenti elettronici e soprattutto in cui è prevista la funzionalità di porre dei limiti di deposito settimanali che si aggiungono a quelli imposti di default dai provider di carte di credito.
Il secondo problema risiede nell’aver manifestato ancora una volta quanto sia elevato il rischio di investire in Italia. In quale altro paese può accadere che ieri ti invitano ad acquistare una licenza per l’esercizio del gioco remoto ed oggi ti proibiscono di pubblicizzare i tuoi servizi?
Un messaggio inquietante per tutti i non residenti interessati ad apportare capitali nel nostro paese.
Detto questo, nonostante non ci sia consenso unanime sulle cifre relative a quanti siano i giocatori problematici e coloro affetti da ludopatia, è indubbio che il settore del gioco porti con sé dei rischi potenziali che non possono essere trascurati.
Nell’ottica della difesa dei consumatori più deboli, più che il divieto totale della pubblicità dei giochi, sarebbe piuttosto auspicabile un ulteriore intervento sul tono di voce e sugli ambiti delle campagne promozionali.
Ad esempio sul piano della comunicazione si potrebbe pensare al divieto di utilizzare testimonial del mondo dello sport e dello spettacolo a supporto di campagne pubblicitarie, iniziative promozionali e similari, magari associandolo ad una ulteriore implementazione del divieto già esistente all’interno della Balduzzi relativo ai messaggi pubblicitari “che incitano al gioco ovvero ne esaltano la sua pratica” rendendo molto più chiaro l’ambito di applicazione oggi a dire il vero troppo indeterminato.
Basterebbe far rientrare nelle pratiche non ammissibili l’utilizzo di un linguaggio che ingeneri la convinzione che il gioco porti ad avere dei vantaggi economici in particolare vietando nomi di Lotterie Istantanee del genere “Miliardario” “Turista per sempre” oppure non consentendo la menzione di promozioni o bonus legate all’apertura di conto gioco online o all’attività di gioco in genere online e offline.
Parallelamente si potrebbero trovare fondi per finanziare le attività di riabilitazione/recupero introducendo l’obbligo da parte di tutti gli attori della filiera della comunicazione (operatori di gioco, centri media, concessionarie, media) di versare una percentuale dei budget di pianificazioni e sponsorizzazioni del gioco a favore di un fondo per la ludopatia.
Questi accorgimenti sarebbero sicuramente più efficaci di uno sbrigativo e quanto mai inadatto provvedimento punitivo ed oscurantistico .
A tale proposito l’apertura di un tavolo di discussione sarebbe sicuramente auspicabile: sebbene i tempi siano molto stretti, il cammino parlamentare può infatti ancora lasciare spazio ad aggiustamenti. L’importante è che gli operatori capiscano che per aprire un dialogo è necessario creare un fronte unico con intenti chiari e condivisi da tutti.
Il successo di fughe in ordine sparso e trattative da corridoio, stavolta, è quotato come Ronaldo che nel prossimo campionato di Serie A segna meno di 5 gol.